Non ricordo una domenica mattina della mia infanzia e adolescenza in cui non mi sia svegliato senza i profumi di sugo. E insieme a questi profumi i rumori, in dialetto le scruocche, che nonna faceva fare alla pasta girata a mano con il matterello. Già, era la mia amata nonna Melina a dirigere questa orchestra del gusto. Ed è a lei, insieme al mio papà e ai ricordi di nonno Ciccillo, che devo il merito di questa malattia incurabile chiamata cucina.
Casa mia in paese (quella Villa Santa Maria che noi chiamiamo La Vill’ ma che i più conoscono come la Patria dei cuochi), era ed è su tre livelli, come la maggior parte delle abitazioni antiche dei piccoli centri. All’ultimo piano la zona notte, nel mezzo la cucina e il salone e sotto la cantina che col tempo si è trasformata in una splendida taverna. Va da se che appena svegli, insieme ai miei fratelli, si scendeva al piano di mezzo, il piano degli odori e dei sapori. Il piano dove regnava incontrastata nonna Melina. E lì che la vedevi all’opera, sempre che l’ muandesin attaccat’ (il grembiule legato) e le mani costantemente ‘in pasta’. Le variazioni al tema del cucinato di casa mia cadenzavano le
giornate e le stagioni, soprattutto quelle dei fine settimana: sagn’ a pezz’ col ragù abruzzese o sugo ‘finto’ o maccarun’ che l’ov’ (pasta all’uovo). Ma anche gnocchi o polenta e spuntature.E ancora sagnatiell’ e fasciuol’ (sagne e fagioli), taglielin’ a l’ brod’ (tagliolini in brodo), timballo. E mi fermo ai primi anche se potrei andare avanti con un intero ricettario, tanto brava e instancabile era la nonna. Oggi parliamo della regina delle ricette: le sagn’ a pezz’ che altro non sono che dei maltagliati fatti con acqua e semola, conditi o col sugo finto (pomodoro e odori, senza carne) o con il tipico ragù abruzzese fatto con carni miste di agnello, maiale e vitello.
le sagn’ a pezz’ altro non sono che dei maltagliati fatti con acqua e semola, conditi o col sugo finto (pomodoro e odori, senza carne) o con il tipico ragù abruzzese fatto con carni miste di agnello, maiale e vitello.
Come dicevo la mia infanzia è stata cadenzata da questi riti e ogni volta, fin
da piccolissimo, mi intrufolavo in cucina per impastare, infarinare, tagliare. Nonna mi faceva fare, anzi mi invogliava. Ancora sento il sapore della pasta mangiata cruda o le fette di pane bagnate al sugo: questa sì una vera colazione da campioni. Ma bando ai ricordi (che mi commuovono sempre un po’) e andiamo alla ricetta, così come tramandatami da nonna Melina.
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