La coda alla vaccinara
La coda alla vaccinara
La coda alla vaccinara

Ingredienti per 5 persone

1,5 kg circa di coda di manzo
Una guancia di manzo (a Roma il gaffo)
1 kg di pomodori pelati
50 g di strutto
Extravergine Terre Rosse
Un bicchiere di vino bianco secco
Un piede di sedano
Due cucchiai di pinoli
Un cucchiaio di uvetta sultanina
1/2 cucchiaio di cacao amaro
Una grossa cipolla
Una carota
Una foglia di alloro
Uno spicchio d'aglio
Sale q.b.
La coda alla vaccinara regina del Quinto quarto della cosiddetta ‘bassa macelleria’ dei vaccinari, dei mattatoi e delle osterie. Il Quinto taglio tutto ciò che non rientra nei quattro tagli principali (anteriori e posteriori) dell’animale. Ne fanno parte la coda, il cuore, la trippa, la milza, mammelle e testicoli, milza, cervello e fegato

Procedimento

1.Dal vostro macellaio di fiducia fatevi tagliare in pezzi la coda, potreste farlo anche voi dividendola dalle giunture delle vertebre ma una mano esperta è meglio per questa operazione
2.In una casseruola capiente mettete a bollire dell’acqua salata con un paio di foglie di alloro e cuocete i pezzi di coda per circa mezz’ora
3.Passato il tempo scolate ed asciugate i pezzi di coda e aggiungeteli ad un trito di sedano, carota, cipolla, aglio e prezzemolo che avrete fatto prima appassire in olio extravergine Terre Rosse
4.Aggiungete anche la guancia di manzo tagliata in piccoli pezzi. Quando tutto comincia a rosolare, bagnate con il vino bianco e quando questo è evaporato, aggiungete i pomodori, aggiustate di sale e lasciate cuocere per circa tre ore (il segnale della cottura perfetta l’avrete quando la carne si staccherà con facilità dall’osso)
5.Mentre la coda cuoce, mondate il sedano e sbollentatelo un paio di minuti in acqua salata
6.Trascorse circa due ore e mezza aggiungete i pinoli, l’uvetta ammollata, il cacao e il sedano sbollentato
7.Fate cuocere ancora per una ventina di minuti a fuoco basso, dopodiché servite
Il vecchio Mattatoio di Testaccio, foto archivio L’Unità

Si disquisisce da anni sulla cipolla nell’amatriciana o se nella carbonara ci vada la pancetta o il guanciale. E sempre sulla carbonara è ancora senza risposta la domanda sulle sue origini: piatto autoctono tramandatoci dai pastori laziali o rivisitazione ‘maccheronica’ delle colazioni americane a base di uova e bacon?
Queste diatribe non mi appassionano. Anche perché amatriciana e carbonara rappresentano solo una parte (e nemmeno troppo grande) della cucina romana. Una cacio e pepe, ad esempio, è più romana di esse. E che dire della coda alla vaccinara? E dei rigatoni con la pajata? E le animelle fritte? E la coratella? E la trippa? Bisogna mettere subito le mani nel piatto e farlo con la ‘regina’ del Quinto quarto: la coda. Prima però un breve chiarimento per chi non lo sapesse. il Quinto quarto raccoglie le parti meno nobili della bestia quindi coda, testa, zampi e interiora. La cucina romana su questa ‘innobilità’ affonda le proprie radici tra cui la ‘regina’ è primus inter pares.

Una vecchia mappa di Roma che indica il luogo dove sorgeva la chiesa di San Bartolomeo dei Vaccinari

La storia di questa ricetta parte da chi l’ha battezzata, vale a dire i vaccinari o scortichini, addetti nei mattatoi a scorticare, scuoiare e dividere in mezzene (in due verticalmente) le bestie macellate. E’ storia che questi vaccinari venivano pagati non con moneta ma appunto con il Quinto quarto che, finita la giornata di lavoro nel Vecchio Mattatoio di Testaccio, veniva fatto cucinare nelle osterie dei paraggi.
Per paraggi intendiamo principalmente i rioni Testaccio (dove c’era il mattatoio) e Regola (che si sviluppa nei pressi della moderna Via Arenula). Nel rione Regola, inoltre, fino alla fine del 1800 anche una chiesa era dedicata a questi lavoranti di ‘bassa macelleria’. Parliamo di San Bartolomeo dei Vaccinari, demolita per creare una via di collegamento tra Trastevere e il centro cittadino.
Anche Trastevere, che in lingua madre fa trans Tiberim ovvero al di là del Tevere, ha dato il suo contributo alla ricetta della ‘regina’ del Quinto quarto, se è vero come è vero che nella Roma papalina (ma anche a causa delle dominazioni spagnole) era di uso comune usare il cacao come spezia, cacao che ritroviamo nella ricetta (quella vera) della coda alla vaccinara. Ad accompagnare scegliete un vino laziale. Io vi consiglio il Cesanese del Piglio tanto caro a mio nonno Ciccillo, maestro vero a cui dedico questa ricetta…

 

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